Coronavirus (COVID-19) e Decreto Conte 9 Marzo 2020

da | Mar 16, 2020 | Diritto Penale

Coronavirus: l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e responsabilità penale dei cittadini in caso di violazione delle misure previste.

A seguito dell’emergenza epidemiologica da Coronavirus (COVID-19), il Governo ha approvato il D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”, al quale hanno fatto seguito diversi decreti di attuazione.

Tra i diversi decreti di attuazione rientra il D.P.C.M. 8 marzo 2020, con cui sono state adottate all’art. 1 misure urgenti di contenimento del contagio nella regione Lombardia e nelle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia”.

Il successivo D.P.C.M. 9 marzo 2020, ha, poi, esteso a tutto il territorio nazionale, per il periodo compreso dal 10 marzo al 3 aprile, le misure previste dall’art. 1 del D.P.C.M. 8 marzo 2020. Tra queste ultime si sottolinea la misura prevista dall’art. 1 lettera a), secondo cui è da «evitare ogni spostamento delle persone fisiche …salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute.

Riguardo a tale misura il Ministro dell’Interno, con direttiva n.14606 dell’8 marzo 2020, ha chiarito che le esigenze lavorative per cui è ammesso lo spostamento non potranno riguardare attività lavorative o professionali rientranti tra quelle già sospese con i diversi decreti emanati per arginare la diffusione del Coronavirus (COVID-19).

Quanto alle situazioni di necessità, esse sono da identificarsi nelle ipotesi in cui lo spostamento è finalizzato ad «un’attività indispensabile per tutelare un diritto primario non altrimenti efficacemente tutelabile».

Infine, i motivi di salute sono integrati da quelle ipotesi in cui il soggetto deve spostarsi per sottoporsi a terapie o cure mediche che non è possibile effettuare nel relativo comune di residenza o domicilio.

Nella Direttiva Ministeriale n. 14606 dell’8 marzo 2020 del Ministro dell’Interno, è stato, poi, affermato che si pone la necessità di vigilare sul rispetto della prescrizione da parte dei cittadini e che ricade sugli stessi l’onere di dimostrare la sussistenza delle situazioni che consentono il relativo spostamento. I singoli interessati potranno, dunque, in caso di controllo da parte delle Forze di polizia, presentare un’autodichiarazione, ex art 46 e 47 del D.P.R. 28 dicembre 2010, n.445, in cui indicare il motivo del proprio spostamento. Successivamente, la suddetta autodichiarazione potrà essere passibile di verifica in merito alla sua veridicità.

A tale riguardo è giusto rilevare che, ricomprendendo tale autodichiarazione all’interno della disciplina degli articoli 46 e 47 sopraindicati, in caso di falsa dichiarazione, i cittadini potranno incorrere in responsabilità penale ai sensi dell’art 76 del D.P.R 28 dicembre 2010 n.445. In tale ipotesi, come affermato dalla Cassazione, si configura il reato, previsto dall’art. 483 c.p., di “Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico” per il quale è prevista la pena della reclusione fino a due anni. Secondo il giudice di legittimità, infatti, l’art 483 del c.p. costituisce «la norma sanzionatoria delle condotte vietate dal D.P.R. 445/2000, art 76”dato che ai sensi del comma 3 dello stesso art 76, le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli art 46 e 47 sono considerate come fatte a pubblico ufficiale. Secondo la Suprema Corte sussiste «una chiara equiparazione,ai fini penali e della valenza pubblica dell’atto, per ritenere la configurabilità del reato di cui all’art. 483 c.p., tra le autocertificazioni o dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà consentite dal D.P.R 445/2000 e gli atti con autenticazione esplicita da parte del pubblico ufficiale”(Cass Pen.,Sez V, sent.,21.06.2019, n. 27739).

Si rileva, tuttavia, che non può ritenersi configurato il reato previsto dall’art. 483 c.p., qualora si ritenga che le dichiarazioni dei singoli interessati non siano destinate a provare la verità dei fatti esposti. Seguendo tale interpretazione, in caso di falsa autodichiarazione, si ritiene integrato il reato previsto dall’art. 495 c.p. di “Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri”, per il quale è prevista la reclusione da uno a sei anni.

Da ultimo si sottolinea come, ex art. 4, comma 2, del D.P.C.M 8 marzo 2020, in caso di violazione degli obblighi previsti dallo stesso decreto, qualora il fatto non costituisca più grave reato, si configuri, come previsto dall’ art. 3, comma 4, D.L 23 febbraio 2020 n. 6, il reato previsto dall’art. 650 c.p. di “Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità” punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino ad € 206.

Ai fini del contenimento dell’emergenza epidemiologica da Coronavirus (COVID-19), dovranno essere, diligentemente, osservate tutte le indicazioni del Governo contenute nei decreti emanati e prima fra tutte la misura di evitare ogni spostamento, fatta eccezione per i casi previsti dall’art. 1 lett.a) del D.P.C.M 8 marzo 2020.

Si segnala infine che il modello dell’autodichiarazione necessaria per giustificare eventuali spostamenti è scaricabile dal sito del Ministero dell’Interno.

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